Spesso ci troviamo a confidarci con una persona amica, a raccontare e a sfogarci quando siamo turbati con la impressione che questo ci faccia poi stare meglio.
Ma è proprio vero?
Una ricerca fatta dal Professore Lieberman (dell'Università UCLA in California) e dai suoi collaboratori, apre la porta di una
conoscenza scientifica sull'effetto reale di tale sfogo.
Sono stati dati stimoli subliminali di pericolo a un gruppo di volontari, la visione di fotografie di una persona impaurita o arrabbiata a un secondo gruppo e hanno fatto definire con una parola l'emozione provata nella seconda delle due situazioni precedenti monitorando le reazioni cerebrali dei volontari nelle due situazioni tramite risonanza magnetica funzionale (fRMI).
Ebbene, quando erano sottoposti a stimoli subliminali di pericolo, la attività della Amigdala (il terzo occhio per gli orientali) aumentava.
Al contrario nel secondo gruppo quando verbalizzavano la emozione aumentava la attività della Regione Prefrontale dell'emisfero destro e diminuiva contemporaneamente la attività della Amigdala.
Ora, la Amigdala è la zona del cervello che determina reazioni in caso di pericolo mentre la Regione Prefrontale è coinvolta nel processo di elaborazione delle emozioni e nel controllo dei comportamenti conseguenti al pericolo percepito.
Ecco spiegato scientificamente il senso di sollievo che si può provare dopo che ci siamo sfogati raccontando il pericolo o il peso che abbiamo dentro.
Quando ciò capita allora godiamoci il sollievo! Ci siamo sfogati, lo dice la scienza!
Ma non sempre il risultato dello sfogo è il sollievo.
Con alcuni amici confidarsi si trasforma in un senso di oppressione, di incapacità e tristezza più grandi.
Come mai? Questo non è stato preso in considerazione perché questa situazione non è stata contemplata nel protocollo di quella ricerca.
Ma esiste e ne riparleremo!
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