Mano a mano che il ragazzo diventa più bravo, spesso viene spinto a partecipare ad un numero sempre maggiore di competizioni, riducendo così il tempo per la preparazione atletica e lo sviluppo tecnico, attività che normalmente vengono svolte in gruppo.
Fatta eccezione per gli sport di squadra, il ragazzo resta così molto più tempo solo, a confrontarsi con le sue difficoltà ed a competere con i propri compagni di allenamento.
Spesso poi le famiglie aggiungono un ulteriore carico: diventano fin troppo attive, dedicando tutto il loro tempo libero nel seguire ed accompagnare i propri figli durante la loro carriera sportiva.
È estremamente difficile per un genitore seguire il proprio figlio senza correre il rischio di spingerlo involontariamente oltre i suoi limiti, sia fisici che emotivi.
I bambini o i ragazzi molto giovani che passano la maggior parte del loro tempo ad allenarsi ed a gareggiare, possono sentirsi addosso una continua pressione di dover “vincere a tutti i costi”.
Quando arrivano a pensarla così,
il divertimento è prosciugato! Ed è un vero controsenso, se si considera che la ragione principale per la quale un bambino acconsente ad iniziare a fare uno sport è proprio “per divertirsi”!
Per allenarsi i bambini finiscono per dedicare sempre meno tempo a divertirsi come i loro amici, a giocare o studiare con loro o trascorrere del tempo all'aperto.
Così al mancato divertimento, si può aggiungere un senso di solitudine oppure la convinzione di venire esclusi da iniziative alle quali si è costretti a dire di no per potersi allenare.
Quando questo avviene, spesso le famiglie pensano di risolvere il problema facendo cambiare ambiente ai propri figli, principalmente facendo loro cambiare scuola. In questo modo non faranno altro che mettere il proprio figlio ancor più in difficoltà, perché dovrà ricominciare da zero a farsi nuovi amici, per i quali avrà sempre meno tempo da dedicare.
I dati statistici ci dicono una cosa molto interessante:
A questo punto, il 70% dei ragazzi abbandona lo sport perché oltre a non divertirsi più, non riesce a conciliare sport e studio.
C’è quindi una diretta relazione tra il calo del divertimento nello sport ed il calo del rendimento nello studio o, se vogliamo vederla da un’altra prospettiva, al crescere della fatica nello sport, cresce la fatica nello studio.
Molti dei ragazzi che fanno parte di quel 30% che continua a fare sport oltre i 13 anni, viene spesso iscritto a scuole private oppure continuano gli studi con istitutori privati, con l’aggravante che loro si considerano “incapaci” nello studio.
Certo che sì,, ma a determinate condizioni!
Lo sport dovrà rappresentare per il ragazzo soprattutto divertimento, questo gli permetterà di ottenere migliori risultati anche nello studio.
Uno dei più autorevoli, tra gli studi recenti, è stato svolto presso l’Università di Montréal nel 2015. L’esito fu alquanto sorprendente: emerse che lo sport fa aumentare la capacità di concentrazione ed autocontrollo, fattori decisivi per l’ottenimento di valutazioni alte.
Ricordiamo inoltre, che le ricerche sono supportate dalle evidenze scientifiche: una costante attività fisica, provoca un maggior afflusso di ossigeno al cervello, con conseguente aumento delle capacità cognitive.
Questa caratteristica, risulta particolarmente evidente quando un giovane sedentario inizia a muoversi: l’ippocampo, ossia l’area del cervello associata all'apprendimento, conosce infatti una crescita notevole.
Inoltre, se il contesto in cui viene svolto lo sport è particolarmente positivo grazie al divertimento o le qualità dei rapporti instaurati tra allenatore ed atleti, si constata anche un miglioramento della condotta generale in classe.
Riuscire ad essere genitori presenti come sostegno, per prestare amore incondizionato e non commisurato ai risultati sportivi conseguiti.
Cercare di non farsi aspettative troppo alte, anche quando il nostro bambino dimostra da molto piccolo un grande potenziale.
Se lo mettiamo su un piedistallo perché spesso si trova sul gradino più alto del podio, lui tenderà a ricercare sempre quel posto sul podio, convinto che il nostro amore sia proporzionato alla nostra soddisfazione e quando non ci riuscirà (perché capita a tutti di perdere) non avrà la capacità emotiva per accettarlo e distinguere i tipi di sentimenti.
Riuscire ad essere un allenatore in grado di pensare prima all'atleta che al giocatore, preoccupandosi della qualità della sua vita, senza farsi coinvolgere dalle richieste di genitori o associazioni che vogliono far giocare tornei ogni settimana, farà la differenza.
Alcuni studi hanno evidenziato come gli allenatori considerati migliori siano quelli riguardanti le arti marziali, in cui si fondono completamente movimento fisico e aspetto relazionale/comportamentale.
Acquisire metodi di studio efficaci significa permettere al ragazzo di continuare a divertirsi studiando, facendolo in tempi più brevi e con risultati più duraturi nel tempo.
È esattamente come nello sport “sano”: se hai un buon allenatore che ti insegna come acquisire le abilità necessarie, riesci a raggiungere i risultati migliori, nei tempi più brevi e con minore sforzo.
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